Dell’amore più grande

Se c’è un momento nella storia di una donna in cui si possa dire di vivere in un vero “stato di grazia”, quello è di sicuro la gravidanza. Per tutte le donne in attesa, anche nelle storie più controverse, esiste un arco temporale in cui ci si sente fra le nuvole, o almeno di 10 metri più in alto rispetto a chi ti circonda, quel momento che trasforma e deifica l’esistenza umana. Parlo di quelle fasi in cui hai superato i famosi disturbi, percepisci che un esserino abita dentro la tua pancia, l’aumento di peso non lo vivi come un problema ma come un segnale di salute.

Quegli istanti in cui ti senti una supereroina e fantastichi sul come sarà, cosa farà, quali saranno i suoi tratti distintivi e quelli invece che più ti rassomiglieranno. E in quei momenti ogni pensiero ogni sogno che sta dentro al tuo cuore e alla tua mente si palesa agli altri con dei paradisiaci e luminosi sorrisi sul tuo volto.

Lì inizia un dialogo con la tua creatura, poche parole all’inizio e pochi gesti, ma che man mano prendono confidenza e danno vita ad un insieme di emozioni: gioia e paura, le più tirate in ballo nella roulette ormonale. La gioia è facilmente comprensibile, la paura di contro fa parte della sfera di ciò che non si comprende, o meglio che non si sconosce: sarò in grado di farcela? come potrò guidare io qualcuno se non sono neanche sicura delle scelte che faccio per me? sarò capace di fare la mamma? Durante il corso preparto ricordo che l’ostetrica ci disse una frase che mi rimase impressa: la natura è perfetta, se non la ostacoliamo con troppi orpelli, farà il suo corso e lo farà bene.

Questo è stato il weekend dei ricordi: tra palline di natale, presepe, biscotti con zucchero a velo e cannella, mio marito ha scovato dei brevi video, girati con la macchina fotografica, di me incinta, durante il penultimo tracciato, giorno in cui mi diedero la data del cesareo, dopo aver confermato la posizione podalica di Samuele. Ho rivisto in me quella luce descritta sopra, l’impazienza e subito dopo la paura di non saper affrontare ciò che da lì a poco sarebbe successo.

Mi ricordo che uno dei miei propositi era scrivere un diario che accompagnasse la mia gravidanza e i primi giorni di vita. Non l’ho fatto, e me ne sono pentita.

In questi giorni una ragazza che frequenta con me un corso di inglese aziendale, mi ha consigliato la lettura di un libro che è un po’ un diario in due tempi tra il prima e il dopo la nascita di un bimbo. E questo weekend ce l’ho fatta, anche perché rispetta assolutamente i miei canoni di lunghezza e di tempo dedicati alla lettura di un libro (50 pagine in poco più di 2 ore (naturalmente non di fila )). Il libro si intitola “Dell’amore più grande” e l’autrice Alessia Maria Di Biase è riuscita a fissare ciò che una futura mamma pensa per il suo bambino e lo fa con fermezza, nonostante i suoi mille dubbi e paure. E poi è anche un inno alla vita che utilizza la narrazione fotografica di quello che accade tra la giovane mamma e il suo piccino ancora non nato prima e poi appena nato, per accompagnarci nella scoperta “dell’amore più grande”.

Strappo virtualmente una pagina di quel diario e la posto qui, per due motivi 1) perché incontra perfettamente il mio pensiero, 2) perché ho scoperto che l’autrice non ha figli e ha scritto questo libro a soli 20 anni, e a mio avviso questa cosa conferisce universalità alla lettura. Ve lo consiglio!

20 dicembre 2001

“Non mi sposerò mai e non voglio avere figli”. Così esordisce una ragazza seduta accanto al nostro tavolo al bar stamattina. Poche parole, sincere, dure, ma purtroppo vere e condivise da molte donne della mia età e non solo. La loro maggiore preoccupazione è quella di raggiungere una posizione lavorativa dominante e di guadagnare molti soldi. Credono che la realizzazione di se stesse si raggiunga così e che questo possa aprire loro le porte della felicità. Non sanno invece (o fanno finta di non saperlo) che davanti a loro c’è un muro, davanti ai loro occhi prima o poi ci sarà solo il vuoto; si ritroveranno inevitabilmente sole e consumate dai sensi di colpa. L’orologio biologico di una donna non segue quello professionale e il giorno che sentiranno un’irrefrenabile voglia di dare vita a un’altra vita… Saranno in ferie! Guardandosi alle spalle capiranno che ormai per loro continuare a vivere vuol dire aspettare d’invecchiare. Un figlio non è un giocattolo. Non è l’hobby della mezza età, un’alternativa al pensionamento, una tappa obbligatoria. Non è il bambolotto da mettere in vetrina. Tuo figlio è il tuo sangue, la tua carne,il tuo DNA. È’ il tuo futuro, è vedere la tua vita con due occhi in più. È ridere due volte e piangere due volte. Un figlio è svegliarsi la notte perché non ha voglia di dormire o non addormentarsi affatto per paura che si svegli. È rinunciare ai tuoi spazi, ai tuoi interessi, alla vacanza che sognavi, a quel bel vestito firmato. Tuo figlio è lo splendore del sole e della luna. È tutte le stelle del cielo, l’Amen dell’universo, il fine ultimo di tutte le cose, la tua leggenda personale. È il motivo per cui ogni mattina decidi di svegliarti e vivere quella giornata fino all’ultimo minuto. È la ragione per cui ti sforzi di non sbagliare ogni tuo passo. È il tuo sorriso, la luce che ti si accende sul volto quando lo guardi, quando lo segui nei suoi primi passi, ascolti le sue prime parole, assecondi i suoi primi gesti. Tu sei tutto questo per me… E molto di più!!!

tratto dal libro Dell’amore più grande di Alessia Maria di Biase (deComporre Edizioni)

dellamorepiugrande

se ti interessa lo trovi su Amazon o tramite  facebook “Dell’amore più grande”

Lascia un commento